Quella che vi racconto è la storia di Andrea Loreni il funambolo sospeso tra cielo e terra l’unico acrobata italiano esperto in traversate a grandi altezze.
Ciao Andrea partiamo da lontano, mi racconti la vita che conducevi da piccolo?
“Alcuni dati biografici: sono nato a Torino nel 1975, ho frequentato l’asilo a Villardora e le elementari a Cuorgnè ed ho così vissuto molti anni nel Canavese.
La mia vita da piccolo è trascorsa serenamente fino alla separazione dei miei genitori, motivo per cui mia mamma ha deciso di trasferirsi a Cuorgnè ed avvalersi dell’aiuto della sua famiglia negli anni critici della mia crescita. Questo distacco mi ha provocato molta collera, tanto che questa rabbia è rimasta come cifra durante tutto il mio sviluppo, ma non è stato solo un momento negativo perché mi ha fornito anche molti spunti per riflettere.”
Qual è stata la tua formazione, che studi hai fatto?
“Ho frequentato il liceo scientifico a Rivarolo e poi mi sono laureato in filosofia teoretica a Torino.
In seguito ho approfondito le tecniche del circo contemporaneo, iscrivendomi alla scuola Flic e al Circus Space di Londra.”
Dopo la laurea hai subito trovato lavoro?
“In realtà, se si esclude un mesetto passato a Londra a fare il lavapiatti, durante l’ultimo anno di Università nel 1999 ho cominciato a fare teatro di strada utilizzando tecniche varie, tra le quali teatro, giocoleria, tecniche del circo e camminata sul cavo basso. Ho iniziato a fare spettacoli e non ho più smesso!”
Infatti ad evidenza del suo impegno nel 2005 riceve il premio “Torototela” della Regione Piemonte per l’innovazione e la valorizzazione del teatro di strada.
Inoltre Andrea nella sua carriera ha stabilito vari records che lo hanno portato a diventare il funambolo più conosciuto d’Italia, ne elenco alcuni.
Nel 2006 realizza il suo primo spettacolo di funambolismo con attraversata del fiume Po a Chivasso.
Dal 2008 si dedica alle camminate su cavo a grandi altezze e alle lunghe attraversate.
Nel 2011 stabilisce il record italiano di camminata su cavo teso tra i colli di Penna e Billi: 250 metri di lunghezza 90 metri di altezza.
Nel 2013 realizza la traversata su acqua più lunga sul fiume Adda: 220 metri di altezza e sempre in questo anno la traversata più alta tra i picchi montana di Rocca Sbarua: 160 metri di altezza.
Nel 2017 è il primo funambolo a camminare su corda all’interno di un tempio Zen a Okayama in Giappone.
Così Andrea Loreni si è guadagnato da definizione di funambolo sospeso tra cielo e terra.
Che cos’è il funambolismo per te? Da dove è nata la passione per quest’arte?
“Per me è una via, una continua ricerca ma soprattutto un passo del mio cammino di vita che mi ha dato molto e mi sta continuando ad offrire tante opportunità.
Essere funambolo in realtà non lo definirei come una passione ma è la mia missione, perché sono stato chiamato a quella strada da una serie di avvenimenti apparentemente casuali; mi ci sono trovato e la sto percorrendo.
Non vorrei deludere le aspettative del mio pubblico, ma fare il funambolo non è la concretizzazione di un sogno e nessuno mi ha mai spiegato che poteva diventare una carriera. La sento come una parte del mio cammino di realizzazione, ma non è una realizzazione definitiva.”
Come fai ad allestire i tuoi percorsi?
“Ci sono diverse tecniche perché dipende dalla complessità e da cosa c’è sotto. Io lavoro sempre con team di 4-5 ragazzi che conosco, perché hanno delle competenze specifiche.
Tecnicamente il modo più semplice è tirare un cavo a terra tra i due punti e poi sollevare capo e coda del cavo e metterlo in tiro. Quando non è possibile usare questo metodo perché c’è sotto un fiume o un lago da attraversare, dobbiamo allestire una specie di teleferica con una corda di nylon più leggera attraverso la quale riusciamo a passare anche sopra i tetti o sopra un corso d’acqua e poi sotto questa teleferica passiamo il cavo d’acciaio.
A volte i montaggi sono parecchio complessi e possono richiedere settimane di tempo. La parte tecnica di montaggio l’ho studiata da solo, come ho imparato in modo autonomo a camminare sul cavo grazie all’esperienza.”
Quando sei sospeso sul cavo, a che cosa pensi?
“I pensieri sono veramente tanti però, in qualche modo, il punto è non prestare attenzione ad essi. Per me è abbastanza naturale entrare in una modalità di non ascolto, perché i pensieri cercano sempre di trascinarti via dal momento in cui ti trovi e riportarti al passato o al futuro tramite dubbi o domande, invece per quando mi riguarda è fondamentale rimanere dove sono, essere concentrato e porre attenzione ai passi che sto facendo.
Tra le emozioni che provo ci sono innanzitutto libertà e gioia, ma anche paura e solitudine sentimento abbastanza forte nel corso delle camminate. Inoltre quando durante la traversata si abbassano le difese, mi sento molto esposto e questo da una parte produce paura, dall’altra genera un senso di connessione con quello che mi circonda. Questa unità porta anche una bella sensazione di pace e di armonia.”
Che relazione hai con il caos e con il silenzio?
“Se io durante le traversate cercassi il silenzio come assenza di suoni sarebbe un bel problema, perché è quasi impossibile ottenerlo. Se diventassi dipendente da esso non riuscirei a camminare perché sarei continuamente distratto, quindi il silenzio è una sorta di sfondo che permette a tutti i rumori di essere.
Il caos invece è un necessario accogliere rumori su uno sfondo di silenzio. Non lo posso definire ordine ma un’assenza in cui le cose che devono succedere, accadono. Sul cavo è necessario lavorare sull’accoglienza, sull’ ospitalità di ciò che capita per non perdere la concentrazione.”
Com’è il rapporto con gli spettatori che ti guardano?
“Il pubblico rappresenta per me un aiuto notevole. Io sono un performer, faccio spettacolo quindi è mio dovere avere un’attenzione verso chi mi guarda. Provo anche gratitudine verso di loro perché giunti apposta per ammirare il mio spettacolo, quindi al di là o meno del fatto che io riesca a comunicare qualcosa, cerco di essere aperto verso il pubblico.
Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, quando cammino sul cavo non sono chiuso in una bolla ed isolato ma sono totalmente calato nella realtà che sto vivendo, spettatori compresi. Percepisco il senso di attesa espresso attraverso il silenzio e non solo mi fa piacere che mi guardino, ma sono anche appagato nel momento finale in cui sento gli applausi.
Molta è la differenza con i primi spettacoli di strada in cui ci si metteva in cerchio e ci creava una confidenza molto personale, ora il rapporto è più sfumato visto che tra me e il pubblico c’è una lontananza fisica. Io però percepisco ugualmente una forte connessione ed alle volte, dopo la camminata, riesco a parlare con qualcuno avere un confronto e sento che si immedesimano in quello che faccio, alcuni lo identificano con la strada da intraprendere, altri con il coraggio perché intravedono qualcosa di proprio in queste camminate.”
Sei formatore, speaker e hai dato vita a laboratori teorici ed esperenziali su vari temi, me ne parli?
“Le strategie che ho sviluppato nel mio lavoro, tornano utili in altre attraversate: quelle della vita. Dopo tanti anni passati sul cavo a gestire emozioni diverse, credo sia arrivata l’ora di utilizzare la mia esperienza mettendola a servizio di altre persone. Per questo mi sto dedicando al mondo della formazione in cui mi occupo non solo dell’insegnamento del cavo, ma anche di formazione aziendale, team building e coaching. Le attraversate provocano sensazioni di stress, pressione psicologica e paura, tutte emozioni contenute nelle materie che insegno. Sono inoltre temi cari alle aziende, che spesso mi chiedono di fare formazione tramite corsi o talk.
Inoltre tengo dei laboratori brevi che appartengono al programma Wires Crossed Italia un progetto europeo di circo sociale che permette di avvicinare neofiti, curiosi appassionati e professionisti al funambolismo inteso come strumento di benessere e crescita.
Hai iniziato una collaborazione con il centro studi di funambolismo a Bruxelles, corretto?
“Si giusto. Nasce da qui il progetto Wires Crossed Europe che prevedeva un grosso evento ad agosto 2020 a Galway in Irlanda, che purtroppo per questioni di pandemia è stato rimandato. Si doveva svolgere una traversata da parte di 400 funamboli provenienti da tutta Europa per un totale di 2020 minuti cioè più di 36 ore ed io avrei dovuto essere responsabile del team Italia. Speriamo che questo evento si possa svolgere nei prossimi anni e nel frattempo sto preparando i funamboli italiani alle camminate sul cavo.
L’idea è poi creare qui in Italia in collaborazione con la dottoressa Giulia Schiavone e l’Università Milano Bicocca un centro di ricerca sul funambolismo che, tramite un comitato scientifico, possa approfondire le opportunità del funambolismo come strumento di crescita personale e di realizzazione umana.”
Hai scritto anche dei libri, quali?
“I libri che sono usciti per Mondadori e per Funambolo Edizioni non sono testi tecnici, ma esplorano il legame con il vuoto e soprattutto con il cambiamento di cui noi siamo parte.
“Zen e funambolismo” racconta l’esperienza vissuta presso il Monastero Sogen-ji in Giappone luogo in cui ho appreso l’arte della meditazione.
“Breve corso di funambolismo per chi cammina con il vento. Sette passi per attraversare la vita” spiega come si possa affrontare la paura e vivere in equilibrio. È una breve guida di funambolismo esistenziale.
Nel 2017 hai praticato la camminata all’interno di un tempio zen in Giappone. Qual è il tuo legame con lo zen?
“Io pratico lo zen da quattordici anni. Sia il funambolismo che lo zen possono essere definiti come posizioni che si assumono di fronte al vuoto. Puoi stare seduto o camminare, ma alla fine diventi vuoto. E quando arrivi a rispecchiarti in esso, riesci ad essere in connessione con ciò che sei e per me è un aiuto a camminare sul cavo perché quel vuoto diventa un alleato su cui posso fare appoggio per camminare. Quindi tra zen e funambolismo c’è un legame molto forte.”
C’è una traversata che ti ha provato fisicamente ed un’altra che ti ha dato gioia?
“Le traversate implicano sempre tutte e due gli aspetti, perché anche quelle fisicamente impegnative mi danno gioia. In particolare quella di Brescia del 2016 tra il montaggio complesso e il freddo mi ha destabilizzato e ci è voluto molto tempo per recuperare al 100% dopo la fatica.”
Come fai dopo uno spettacolo a ritornare alla vita di tutti i giorni?
“Dopo aver provato un’intensità di energia molto alta è complesso per me tornare alla vita normale, mi trovo spiazzato a mollare tutto d’un colpo. Immaginatevi il giorno dopo un grande evento andare a fare la spesa in un supermercato, mi provoca una sensazione di spaesamento. Il ritorno alla vita di tutti i giorni è sempre stato un momento critico.
Per lungo tempo ho vissuto male questa fase perché mi sentivo svuotato, privo di energie, di motivazione e avevo voglia di tornare subito sul cavo. Infatti a volte sono più disorientato quando mi trovo a terra che sul filo. Proprio per questo sto cercando di armonizzare questi due aspetti e far convivere dentro di me sia la vita professionale che quella privata, ognuna con la propria intensità ed interesse.”
Riesci ad affrontare la vita con leggerezza? Sei felice?
“Magari!! La leggerezza è una sensazione che mi piace molto che e cerco di introdurre nella mia vita, anche se non sempre ci riesco. So che è un valore fondamentale per vivere serenamente.
Felice? A tratti. Ultimamente sono andato a vivere fuori città e questo cambiamento mi ha portato gioia. Nell’ultimo anno mia moglie, mia figlia ed io siamo stati in giro con il camper e quando siamo tornati a Torino siamo andati a vivere in una casa di campagna dove coltiviamo l’orto ed alleviamo delle galline. Sono molto più felice e sereno rispetto alla quotidianità della città fatta di traffico, assalti, fretta ed isterismo collettivo.”
Che consiglio puoi dare a chi è insoddisfatto della propria vita professionale e vorrebbe cambiare?
“E’ molto difficile affermare di essere realizzati nella vita, perché come realizzazione intendo attuare le proprie potenzialità e concretizzare i propri sogni. Non sempre riusciamo ad essere chiari ed onesti con noi stessi e capire veramente quello che siamo e possiamo diventare, perché a volte abbiamo un’immagine che non corrisponde al nostro essere, oppure non riconosciamo la strada giusta da percorrere. Spesso siamo condizionati da ciò che desiderano per noi i genitori e la società.
Se qualcuno è insoddisfatto del proprio lavoro gli direi di cambiare, è una cosa semplice.
Non bisogna però svalutare quello che si fa perché è comunque è un momento del proprio cammino. Non bisogna odiare la propria professione perché poi si finisce con il disprezzare se stessi. Non bisogna identificarsi con il lavoro, perché noi valiamo indipendentemente dall’attività che svolgiamo e a dispetto dei ruoli che assumiamo. Noi valiamo perché esistiamo. Abbiamo diritto ad essere felici, non abbiamo bisogno di guadagnarci la felicità.
Quando arriveremo a capire che non è il contorno quello che conta ovvero macchine, incarichi, possesso e via dicendo, seguirà un nuovo lavoro oppure lo stesso ma con una visione differente o altre opportunità professionali. E’ovvio che può sopraggiungere il timore ma è una sensazione normale, anche camminare sul cavo è rischioso, fa paura ma se quella è la propria via bisogna percorrerla.”
Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Sto cercando di organizzare un record del mondo che ha come tema l’acqua, ma sono in attesa di una conferma perché è un’organizzazione complessa. Sono entrato in contatto con la Guinness World Record, abbiamo già le linee guida del record, si tratta solo di trovare i partners giusti.
Un altro progetto avviato è un corso di formazione in cui sarò docente “Sommelier Coach”, che abbina il vino e la crescita personale.
Diciamo che in questo periodo sto formando me stesso per sviluppare delle competenze in più e proseguirò con il progetto di aprire in Italia un centro di funambolismo e creare collaborazioni e sinergie con Bruxelles ed altre realtà europee.”
In conclusione…
Questa intervista con Andrea Loreni per me è stata speciale perché io ho sempre pensato a lui come “il funambolo più famoso d’Italia”, un personaggio contornato da un’aura magica e da un’intelligenza vivace e fuori dal comune. Nel tempo ho visto diversi video delle sue attraversate ed ogni volta rimanevo con il fiato sospeso, come ipnotizzata e colpita dalla sua leggerezza ed eleganza nel percorrere quel cavo e mi sono sempre chiesta a cosa pensasse e quali emozioni provasse durante quel percorso, che mi sembrava nello stesso tempo eterno e brevissimo. Guardavo incantata quel grande uomo che riusciva a rimanere sospeso tra due punti quasi che il cavo non esistesse più, ma ci fosse solo lui che camminava in mezzo al cielo.
Quindi quando ci siamo sentiti telefonicamente ero molto emozionata, ma lui mi ha subito messo a mio agio e mi ha trasmesso un grande senso di calma e di pace interiore. Ad un certo punto non era più “il funambolo più famoso d’Italia”, ma semplicemente Andrea persona professionale, spirituale, sensibile e costantemente in bilico tra le grandi altezze e ritorno alla vita quotidiana.
Lo vorrei ringraziare, perché la nostra intervista rimarrà un ricordo indelebile nella mia memoria.
Se volete conoscere i suoi prossimi eventi restate sintonizzati:
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